Eroe per caso, ma vero eroe

Il brigadiere dei carabinieri Maurizio Sabbatino e’ stato ferito con 5 coltellate (4 al torace ed una alla gamba) tentando di sventare (da solo) una rapina, nonostante fosse libero dal servizio e disarmato. L’avvenimento...

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“Non è mai successo” – parole di Pino Masciari

“Non è mai successo”
Queste sono le parole afflitte di Pino.
Non per i guasti alle vetture di scorta, quello tra l\’altro è successo altre volte.
Pino ripete questa frase mentre mi racconta il trattamento ricevuto nell\’arco della giornata. Resto sbaccalito.
Dopo aver affrontato il viaggio per la prima udienza a Catanzaro, rinviata a una data al limite della prescrizione, Pino era pronto per spostarsi a Crotone per assistere alla pronuncia della sentenza del procedimento 703/03 contro Pietro Scerbo+14 dove è il testimone principale.

Parliamo della cosca di Capo Rizzuto, quella di Nicola Arena.
Forse in questo blog parliamo molto di Pino e della sua umanità e tralasciamo di ricordare che si parla di un uomo che si è schierato nettamente contro le mafie: ecco che provvediamo alla lacuna.
Parliamo di condanne di 98 anni totali secondo il 416 bis.

Pino Masciari aveva richiesto l\’accompagnamento per presenziare e ascoltare la sentenza. E\’ suo diritto, eccome se lo è! Da libero cittadino innanzitutto, da imprenditore offeso, da uomo che crede nello Stato e da testimone chiave. E parliamo di un\’udienza pubblica.

Non è mai successo quello che si è sentito dire ieri: per presenziare Pino avrebbe dovuto richiedere l\’autorizzazione al Presidente del tribunale di Crotone affinchè \”potesse presenziare all\’udienza come parte attiva, nonché come persona costituitasi parte civile” e restare in attesa di valutare l\’opportunità.
Istanza doveva essere presentata scritta e per la quale non c\’era il tempo materiale nè per l\’invio nè per la valutazione stessa.

Eppure queste sono state le parole di un tal Tenente Colonnello Meo del Servizio Centrale di Protezione dette al caposcorta.
Pino si è rifiutato di sottoscrivere un altra limitazione ai propri diritti e quindi ha deciso di rientrare nella località segreta, immaginate con quale stato d\’animo.
Mi ha ripetuto che proprio in questi anni che “aveva toccato il cielo con un dito” sentendo un forte cambiamento attorno alla sua situazione e un\’attenzione delle Istituzioni per risolvere al meglio la situazione…. proprio adesso è stato strattonato violentemente indietro, a dieci anni fa, anche peggio, perchè gli accadimenti e la loro successione pongono dei dubbi.

Cose\’è successo? Cos\’è cambiato? A chi risulta scomodo Pino? Chi rema contro? Chi non vuole che Pino vada ai processi?

Me lo chiedo. E mi chiedo come mai deve esser Pino limitato e trattato alla stregua di un delinquente.
Ieri è stato trattenuto, limitato, gli è stato detto che non poteva muoversi però è stato pure lasciato solo più tempo.
A volte mi sembra che questo dettaglio sfugga e che non si considera che è il miglior rappresentante dello Stato legalitario e civile, per la quale si dovrebbe avere considerazione e rispetto. Nella storia di Pino non vedo il trattamento umano, la considerazione che merita, se non nei singoli agenti, ufficiali, parlamentari, esponenti della Società Civile che hanno lottato e lottano per dargli dignità.

La prossima settimana ci sarà di nuovo l\’udienza rimandata, quello che rischia la prescrizione. Gli sarà permesso veder chiudere uno dei processi per il quale Pino ha messo in gioco la sua esistenza?

Pino ha rinunciato ad andare a Crotone, avvilito e vessato perchè implicitamente indotto e costretto sopratutto dal limite di sopportazione umana.
Ma sono ammirato da come tiene duro e si fa forte ricordando che crede nelle Istituzioni, vede che ci sono persone in esse che vanno avanti con spirito di lealtà, e crede anche nelle attività di questo governo che pare manifesti volontà di risanare.
E dice questo dopo una giornata dove ha percepito gli ostacoli come provocazioni per destabilizzarlo e metterlo in cattiva luce.

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Incontro del GRUPPO AGESCI di Rogliano Calabro con Pino Masciari

\” SPORCARSI LE MANI PER COSTRUIRE UN MONDO MIGLIORE \”

Il 26 agosto 2007 presso la villa Comunale di Rogliano Calabro (Cs), in occasione del ventennale del Gruppo Agesci, si è tenuta la tavola rotonda dal tema:

\” SPORCARSI LE MANI PER COSTRUIRE UN MONDO MIGLIORE\”.

Pino masciari è intervenuto all’incontro per dare la sua testimonianza di scelta e di vita:

“… un incontro di grande valore etico-morale, con una partecipazione sentita e produttiva, che si inserisce sullo sfondo di un particolare momento che sta vivendo la Calabria.

Voglia di cambiamento nella forte determinazione di voler invertire la rotta verso la legalità e la giustizia. Tale desiderio di iniziativa viene manifestato dai giovani Scout che operano sul territorio e dalle attuali forze Istituzionali nella condivisione piena di portare avanti un così grande progetto di lotta alla criminalità organizzata. Nella speranza di aver trasmesso sulla base della mia esperienza vissuta un segnale di positività e fiducia nel senso dello Stato, mi sento in dovere di ringraziare il Gruppo AGESCI, in particolare i responsabili Giada Tassoni e Adolfo Salvino, il Sindaco Pino Gallo, il Vicesindaco Giovanni Altomare e il Comune di Rogliano”.

Grazie di cuore

Pino Masciari

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In ricordo di Rita Atria – Pino Masciari a Roma il 23 Luglio 2007

 

Foto di foto di Marco Donatiello/DP Studio

Pino Masciari in Viale Amelia 23

 

 

\”Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita.
Tutti hanno paura ma io l\’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combarrete la mafia che c\’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.
Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi
ma io senza di te sono morta.\”

Rita Atria

 

 

Altre immagini su www.ritaatria.it

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Chi sono

Sono un imprenditore edile calabrese, nato a Catanzaro nel 1959, sottoposto a programma speciale di protezione dal 18 ottobre 1997, unitamente a mia moglie Salerno Marisa(medico odontoiatra) e due bambini, perché ho denunciato la criminalità organizzata “ ’ndrangheta ” e le sue collusioni .

La criminalità organizzata, insieme a personaggi di spicco del mondo politico ed istituzionale, ha distrutto le mie floride imprese di costruzioni edili. Come? Bloccandone le attività, rallentando le pratiche nella pubblica amministrazione dove essa è infiltrata, intralciando i rapporti con le banche con cui operavo. Tutto ciò dal giorno in cui ho detto basta alle pressioni mafiose dei politici ed al racket della ‘ndrangheta.

Le mie imprese occupavano mediamente qualche centinaio di persone, cui va aggiunta l’occupazione di ditte specializzate in vari settori (idraulico, impiantistico,di pavimentazione, lavorazione intonaci, ecc.) e svolgevano attività sia nelle opere pubbliche che nel settore privato.

Una delle due, nello specifico la “ Masciari Costruzioni ” operava con gli appalti pubblici: dunque era orientata alla costruzione di: Case Popolari, Impianti Sportivi, Scuole, Strade, Restauri di Centri Storici, ecc. Lavoravo bene, avevo anche dieci cantieri aperti contemporaneamente . Nel contempo, l’altra impresa societaria lasciatami da mio padre, in cui avevo l’incarico di amministratore, costruiva Abitazioni Civili destinati alla vendita e realizzava lavori privati per conto terzi.

Inizialmente mio padre e poi successivamente io, riferivamo alle Forze dell’Ordine le pressioni di natura estorsiva che la ‘ndrangheta esercitava sulle nostre imprese e del pericolo cui eravamo esposti.

Le risposte erano sempre le stesse: “ stia attento prima di denunciare, si rischia la vita, non si esponga troppo”.

Nel 1988, il mese di febbraio, venne a mancare mio padre. Mi trovai completamente solo, con una famiglia numerosissima di nove fratelli e per poter continuare a lavorare dovetti cedere alle richieste estorsive: il SEI per cento ai politici, il TRE per cento ai mafiosi. Ed i soprusi che dovetti sopportare, le angherie, le assunzioni pilotate, le forniture di materiali e di manodopera imposta da qualche capo-cosca o da qualche amministratore, nonché costruzioni di fabbricati e di uffici senza percepire alcun compenso, regali di appartamenti, l’acquisto di autovetture, e persino la costruzione di cappelle cimiteriali ecc….

A questo si aggiunge che la soggezione al potere mafioso era imposto soprattutto dall’atmosfera di invivibilità che si era creata in quegli anni su tutta la Calabria ed in particolare nel mio territorio, dove, per supremazia di interesse da parte delle famiglie malavitose, scoppiò la cosiddetta “ FAIDA DEI BOSCHI “, che apportò decine di morti e diffuse il terrore nei cittadini onesti ed in particolar modo in chi esercitava un’attività imprenditoriale, vittime di atti intimidatori e di taglieggiamenti.

Ma il senso di ribellione alla prepotenza e all’ arroganza che subivo era presente in me, solo che non avevo alternative e la responsabilità che sentivo verso la mia famiglia, verso i miei dipendenti, verso me stesso, era enorme.

Dal 1990, decisi di non sottostare alle pretese estorsive dei politici che consisteva nell’elargizione di denaro e di lavori gratuiti, di conseguenza non si fecero attendere le prime ripercussioni sulla mia azienda. Gli stati d’avanzamento lavori mi venivano pagati con notevole ritardo che arrivava a superare anche l’anno e addirittura non mi venivano considerati i lavori eseguiti che dunque non erano nè contabilizzati nè pagati. Cercavo di resistere a queste forme di ostruzionismo con molta difficoltà e le banche, dal loro canto, facevano la loro parte aggravando l’azione d’intralcio.

Dal 1992 con durezza e determinazione decido di non elargire più somme di denaro alla ‘ndrangheta.

Incominciava così la disfatta totale delle mie imprese: fioccarono i danni dolosi come furti, incendi, danneggiamenti dei mezzi di lavoro e di attrezzatura sui cantieri, per passare poi alle esplosioni d’arma da fuoco ( LUPARA ), alle minacce personali, alle telefonate minatorie che mettevano in subbuglio la vita quotidiana di una intera famiglia.

Nel 1993, mese di Aprile, giorno di pasquetta uno dei miei fratelli fu avvicinato da sconosciuti e sparato alle gambe . Se la cavò. Fui fermato da malavitosi che mi costrinsero a non costituirmi parte civile. E così dovetti fare.

Le banche subdolamente mi consigliavano di rivolgermi agli usurai per ottenere quella liquidità che mi era venuta meno dai mancati pagamenti dei lavori già realizzati e per i quali io avevo investito le mie risorse.

Un circolo vizioso dunque!

Nel settembre 1994, con grande amarezza, decisi di licenziare tutti gli operai della mia impresa pur avendo diversi cantieri in opera, lavori in fase di ultimazione, nuovi appalti aggiudicati e altri di cui stavo per stipulare i contratti, appalti che comprendevano lavori anche in Germania a cui dovetti rinunciare, il tutto per un importo di circa 25 miliardi di lire .

Fu nel mese di novembre dello stesso anno e precisamente giorno 22 (compleanno di mia moglie) che incontrai il maresciallo LO PREIATO NAZARENO, comandante allora della stazione dei Carabinieri di Serra San Bruno, mia località di residenza e, sapendo del suo sentito impegno, incominciai ad avere fiducia, raccontando in linee generali le mie vicende e quanto mi stava succedendo; fiducia che mi era venuta meno dal comportamento che dopotutto si preoccupavano per me ma nello stesso tempo esprimevanoanimo di rassegnazione non confacente al ruolo che rivestivanodelle persone che lo avevano preceduto, i quali erano da me informati circa le mie vicissitudini.

Ma le ripercussioni non furono limitati ai fatti sopra descritti. Nell’ ottobre del 1996 mi fu notificata la sentenza di fallimento di una delle mie imprese della quale ero titolare, la “MASCIARI COSTRUZIONI di Masciari Giuseppe “ ditta individuale. Dunque la mia ribellione era ulteriormente punita: inverosimilmente il fallimento era decretato per un importo di lire 134.000.000, avverso l’azienda che vantava crediti, possedeva immobili e numerose attrezzature edili.

Ma non è tutto.

Il fallimento è stato dichiarato dal giudice Patrizia Pasquin, giudice presidente della sezione fallimentare di Tribunale di Vibo Valentia.

A distanza di anni, l’ 11 novembre 2006 veniva data notizia in tutte le testate giornalistiche a mezzo stampa eTv la seguente notizia: “arrestato il giudice xxxxxxx” . Si riscontra sul sito internet “ la REPUBBLICA. It – CRONACA : Riceveva dalla mafia una stabile remunerazione”; Vibo, interrogato il giudice Pasquin ; Mastella: “Seguivo il caso da tempo”.

Le mie denuncie sono state consacrate presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

I giudici della Distrettuale Antimafia che accosero le mie denuncie, valutarono la vastità dei miei racconti e dei personaggi accusati, personaggi del mondo politico, amministrativo e mafioso, ma soprattutto, considerato il grave ed imminente pericolo di vita cui ero esposto io e la mia famiglia quale conseguenza delle mie denuncie, mi prospettarono l’assoluta necessità di allontanarmi con la mia famiglia dalla mia Regione e di entrare quindi sotto tutela del Servizio Centrale di Protezione, lasciando così in tronco la mia famiglia, i miei amici, il mio lavoro, il mio ruolo sociale e di riflesso anche mia moglie e i miei due bambini hanno subito con me l’ esilio.

Lì 6 giugno 2007

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COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA

 MEMORIA INTEGRATIVA DELLE DICHIARAZIONI RESEDAL TESTIMONE DI GIUSTIZIA GIUSEPPE MASCIARIAVANTI ALLA SOTTOCOMMISSIONE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA IN DATA 11/11/2004

Il sottoscritto MASCIARI GIUSEPPE, nato a Catanzaro il 05/02/1959, di professione imprenditore, coniugato con Salerno Marisa, nata a Serra San Bruno il 22/11/1965, di professione medico odontoiatra, con due figli: Francesco, nato a Serra San Bruno il 28/03/1995, e Ottavia, nata a Serra San Bruno il 1/09/1996, sottoposto, unitamente alla sua famiglia, a regime di protezione come Testimone di Giustizia dal 17/10/1997, domiciliato in località protetta, nota al Servizio Centrale di Protezione, riassume qui di seguito schematicamente le dichiarazioni rese avanti alla Sottocommissione della Commissione Parlamentare Antimafia, nell’audizione del 11/11/2004, fornendo ulteriori elementi chiarificatori in aggiunta a quelli già esposti.

clicca:     commissione-parlamentare-antimafia-1-definitiva.doc

  

           Dalla Località Protetta, addì 26 Novembre 2004 

                                                           Giuseppe Masciari

 

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Cosa non va nella storia di Pino Masciari – Diritti Costituzionali

 

Art. 1.

 

L\’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

 

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Pino Masciari e la moglie possedevano il requisito di fondamento della Repubblica Italiana: il lavoro. Lui imprenditore edile. Lei medico odontoiatra. Deve essere ridato loro il diritto ad esercitare la propria professione o quella che meglio crederanno essere impianto per il loro futuro, che deve essere il reinserimento nella società.

Art. 2.

 

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell\’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l\’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

 La Repubblica riconosca e garantisca i diritti inviolabili di Pino Masciari, della moglie e dei suoi figli avendo loro mantenuto i doveri inderogabili pretesi denunciando i reati e i criminali che li compivano a beneficio della società, ossia di noi tutti.

Art. 3.

 

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Questo non è valso per Pino e la famiglia in questi dieci anni (oramai comincia l\’undicesimo): essere sotto programma di protezione non deve ledere alcun diritto costituzionale dei sottoposti, primo tra tutti la dignità che nei Masciari permane alta unicamente per loro risorse morali e non perchè garantita dalla Repubblica.

 

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l\’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l\’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all\’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Sia svolto questo compito senza più tentennamenti. Non c\’è altro tempo da perdere.

Art. 4.

 

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

 

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un\’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Come all\’articolo 1. Il lavoro è punto fondamentale nell\’idea dei padri costituenti la Repubblica Italiana. Fondamentale.