Fonte: Nuova Venezia – Ai carabinieri, che ieri mattina all’alba sono piombati nella sua casa di via Boschetta 18 a Preganziol, non ha detto una parola. Valerio Salvatore Crivello, 32 anni, è stato arrestato nell’ambito di una vasta inchiesta contro la ’ndrangheta, condotta dall’Antimafia di Catanzaro, perché accusato del tentato omicidio di Giancarlo Gravina, un boss legato alla cosca rivale dei Serpa, a Paola in Calabria.
Cinque anni fa Crivello si era trasferito a Preganziol, assieme ai genitori, il fratello e la nonna. Qui ha trovato lavoro come salumiere all’interno dell’Iperlando di via Europa. Una settimana fa era però stato licenziato dopo essere stato scoperto a portare ai familiari prodotti alimentari senza pagarli. Nel corso di questi cinque anni è sempre stato attento a non dare nell’occhio e a non farsi coinvolgere in attività illegali. Quando ieri, all’alba, ha sentito il rumore delle pale dell’elicottero dei carabinieri sopra casa sua, ha immediatamente capito cosa stava accadendo. Decine di uomini del Ros e del comando provinciale di Treviso hanno poi fatto irruzione nell’appartamento e gli hanno messo le manette ai polsi.
Nell’agosto del 2003 Crivello cercò di uccidere Giancarlo Gravina,boss della cosca rivale. Gravina riuscì però miracolosamente a salvarsi. Per quell’agguato vennero arrestate in un primo momento altre due persone, poi risultate estranee. Ora gli inquirenti sono convinti di aver finalmente dato un volto ad un pericoloso esponente della ’ndrangheta calabrese. Crivello è infatti considerato un esponente di primissimo piano della sua cosca trasferito in Veneto e sempre a disposizione del clan.
L’inchiesta della Dda di Catanzaro ha portato a 63 arresti, tra cui Crivello. All’indagine hanno collaborato anche alcuni boss della ’ndrangheta cosentina, quali Giuliano Serpa, capo dell’omonima cosca di Paola.
Complessivamente gli indagati sono 250. Sequestrati anche beni per 15 milioni. Solo cinque sono sfuggiti alla cattura. Gli inquirenti sono certi di avere fatto definitivamente luce su 12 omicidi, tra i quali quello di Antonio Maiorano, un operaio forestale di 49 anni, ucciso il 21 luglio 2004 a Paola per errore, perché scambiato per un boss, e tre tentati omicidi. Gli arrestati sono accusati anche, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione ed usura.
Gli investigatori vogliono vederci chiaro sulle infiltrazioni delle cosche negli appalti per importanti lavori pubblici che, agli inizi degli anni Novanta hanno riguardato, per esempio, l’autostrada Salerno-Reggio Calabria e, più recentemente, la stazione ferroviaria di Paola, sul Tirreno cosentino. E proprio uno scontro su chi dovesse riscuotere la tangente sui lavori per la stazione è stato all’origine di uno degli ultimi delitti presi in esame dagli investigatori. Per chiarire alcuni aspetti emersi dalle indagini, i magistrati della Dda, già dalle prossime ore, cominceranno a sentire amministratori pubblici locali, che non sono indagati, per avere un quadro più definito della vicenda.
Grazie ad anni di intercettazioni telefoniche ed ambientali, alle dichiarazioni delle vittime e di alcuni boss, i carabinieri sono partiti dalla prima guerra di mafia, durata circa un decennio, tra la cosca Pino-Sena e Africano-Gentile, per passare a quello che successe alla fine degli anni Novanta.