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\”A me pare che possa bastare. No? O vogliamo discutere ancora una volta degli aiuti che lo Stato (noi, cioè) dovrebbe dare alla FIAT?

Parlo da imprenditore e credo che sia necessario andare al succo delle parole: l\’imprenditore fa impresa. E non c\’è molta impresa nel farsi pagare l\’80% del costo di uno stabilimento dai governi. Non c\’è molta impresa nel mettere in cassa integrazione appena il mercato flette. Non c\’è molta impresa in questa Fiat, insomma.

Mi piacerebbe che per una volta la proprietà ed il management si mettessero una mano sulla coscienza, l\’altra sul portafoglio e ritrovassero la voglia di fare veramente impresa.

Noi abbiamo già dato\”

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Fonte: Quotidiano.net – LA FIAT non avrebbe chiesto ufficialmente al premier Monti e ai ministri Passera e Fornero, nel lungo vertice di sabato a Palazzo Chigi, contributi pubblici per sopravvivere alla crisi e in attesa di una ripresa che arriverà solo nel 2014. Ma la partita degli aiuti statali non è scomparsa dal tavolo. Tornerà nel gruppo di lavoro che si insedierà al ministero dello Sviluppo. I nodi da sciogliere sono due. Il primo riguarda gli interventi che il governo può mettere in campo per favorire la competitività e l’export europeo ed extra-Ue. A cominciare dalle auto che Marchionne vuole fabbricare ed esportare in America dove gli impianti Chrysler sarebbero quasi saturi.

IL GOVERNO potrebbe lavorare alla riduzione del cuneo fiscale (per esempio tagliare l’Irap sull’export), a facilitazioni per il credito e per ridurre il costo del lavoro introducendo modelli di maggiore flessibilità e premi di produzione che vedano la Fiat apripista con la benedizione di Monti. Il secondo nodo riguarda gli ammortizzatori sociali. L’impegno a non chiudere fabbriche e a non licenziare sottintende il ricorso ancora a lungo (almeno fino a tutto il 2014) alla Cig. Il problema si pone soprattutto a Mirafiori e a Pomigliano. Nella fabbrica torinese l’eventuale blocco dell’investimento sui Suv destinati all’esportazione negli Usa farebbe cessare immediatamente il ricorso alla cassa straordinaria. E il costo di un anno di cassa in deroga per 5mila addetti sarebbe di circa 50 milioni a carico dell’erario. A Pomigliano l’attuale cassa scade a luglio e ci sono circa 2.000 operai che rischiano di rimanere senza copertura. La cassa in deroga consente alle aziende in difficoltà di lasciare a casa temporaneamente una parte dei dipendenti con un’indennità fino all’80% della retribuzione, se non ricorrono o sono esauriti i tempi previsti per la cassa ordinaria (52 settimane) e quella straordinaria (36 mesi). Ed è proprio questa la situazione in cui si trova la Fiat che ha già fatto un ampio uso della Cig. Ma finanziare la cassa in deroga costa. Nel 2010 e nel 2011 quasi 1,5 miliardi all’anno.

E LE RISORSE non sono infinite. Il ministro Elsa Fornero ha stimato un importo residuo di circa 600 milioni che dovrebbero bastare a coprire i fabbisogni del 2012 e del 2013. Anno in cui vedrà la luce l’Aspi, l’Assicurazione sociale per l’impiego, che sostituirà tutti gli ammortizzatori attuali (esclusa la Cig ordinaria e una parte di straordinaria) compresa quindi la cassa in deroga. E l’Aspi (poco più di 1.100 euro al mese) può durare al massimo dodici mesi. Un problema in più per il governo e per Fiat. Perché è difficile ipotizzare leggi su misura per il Lingotto. A maggior ragione in un momento in cui Monti fatica a trovare anche i 400 milioni per il decreto sviluppo e l’Europa vieta aiuti pubblici diretti alle aziende.

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