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Pino Masciari

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INTERVISTA A PINO MASCIARI

di Pino Masciari · Maggio 27, 2025

La denuncia poi 30 anni da ‘esiliato’ nel Torinese: “La mia scorta è insufficiente, ho paura per me e per la mia famiglia”

“Ho scritto un fascicolo di memorie su questi trent’anni di lotte. Se qualcosa dovesse succedermi, sta tutto scritto qui”, dice Pino Masciari, imprenditore di Catanzaro ora testimone di giustizia. Negli anni ’90 ha denunciato decine di boss della ‘ndrangheta delle quattro province calabresi, mandandone diversi agli arresti e facendone condannare molti.

Di Francesco Munafò 

25 maggio 2025 05:00

“Ho denunciato la ‘ndrangheta ma la mia scorta non è sufficiente: ho paura per me e per la mia famiglia”.

“Se mai la ‘ndrangheta mi avesse ucciso, mi avrebbe quantomeno dato dignità. Invece lo Stato mi ha abbandonato e ora temo per me e la mia famiglia”. Sul volto di Pino Masciari, 66 anni, la tristezza si mescola alla rabbia. Il suo studio è tappezzato di attestati e riconoscimenti consegnati dalle amministrazioni comunali, associazioni e dal mondo dell’antimafia.

Dietro la scrivania compulsa carte processuali, articoli di giornale, materiale fotografico. Ne ha un archivio intero. “Nella mia situazione – dice – devo essere preciso”. L’imprenditore di Catanzaro è un testimone di giustizia, perché negli anni ’90 ha denunciato decine di boss della ‘ndrangheta calabrese, mandandone molti in carcere. Oggi abita nel Torinese, dove è arrivato sedici anni fa.

Dal 1997 al 2010 è stato sottoposto al programma speciale di protezione testimoni, disposto dalla DDA di Catanzaro, perché lui e la sua famiglia erano esposti a grave e imminente pericolo di vita.

Dopo quasi tre decenni, la sua vita e quella della sua famiglia è incerta. “Né io né mia moglie abbiamo più contatti con i nostri familiari – spiega ancora Masciari -. Io non lavoro più, mentre lei dopo grandi sacrifici lavora nella sua attività. I miei figli invece sono riusciti a laurearsi, ma portano con sé il vissuto di tredici anni di località protetta in cui siamo stati nessuno”. 

Ma il vero tasto dolente è la protezione che, denuncia il testimone di giustizia, non sarebbe sufficiente: “La scorta che mi è stata assegnata non è adatta a proteggere me e la mia famiglia, ma chi mi vuole male sa dove abito – spiega Masciari -. La mia richiesta è semplice: proteggere me e i miei cari. Perché la ‘ndrangheta non dimentica”.

Ricapitoliamo la storia di Masciari per capire come si è arrivati fin qui.

I messaggi di Andrea Mantella

Che le organizzazioni criminali continuino a osservarlo, per Masciari, è un dato di fatto. Lo dimostrerebbero alcuni messaggi che l’imprenditore ha ricevuto nel dicembre 2023 su Messenger, l’app di Facebook dedicata alla messaggistica. “Era Andrea Mantella”, un superpentito della maxi operazione antimafia Rinascita Scott.

Il suo ruolo da collaboratore di giustizia ha permesso alla magistratura di arrestare e condannare decine di membri di spicco della ‘ndrangheta, e le sue dichiarazioni sono ritenute credibili. Mantella racconta a Masciari del suo pentimento, e dopo qualche messaggio lancia un allarme chiaro: “Le dico che nelle Serre vibonesi nell’anno 2004 soggetti dei così detti viperari avevano intenzioni di vendetta nei suoi riguardi chiedendo ausilio ad una feroce cosca di Sant’Onofrio ai tempi mia alleata”.

2004, ventun anni fa. Che non sia passato troppo tempo? Assolutamente no. “Purtroppo testimoni e collaboratori di giustizia non c’è mai un periodo che può stare tranquillo senza rischio – continua a scrivere Mantella -. Noi siamo dei predestinati. Addirittura dopo tantissimi anni. Ecco, qual è la nostra triste realtà… il futuro? Pieno di punti interrogativi. La tutela, è un bene primario è uno strumento per salvarsi dalla morte. Non andrebbe mai tolta! Purtroppo non sempre è così! Anzi si va di male in peggio. Mi perdoni se mi permetto, lei questo lo dovrà sottolineare anche a costo di incatenarsi davanti all’scp via dell’Arte. Faccia tesoro dei miei input”. 

La conversazione con Mantella è di fine 2023. È il culmine di trent’anni che Masciari ha trascorso lottando per sé e per la sua famiglia. A fine anni ’80, forse, non si aspettava tutto questo.

Le minacce e la partenza

Com’era Pino Masciari prima che la ‘ndrangheta ne cambiasse la vita? “Mi commuovo solo a pensarci – spiega l’imprenditore -. La mia azienda era tra le più grandi della Calabria, e dava posti di lavoro a centinaia di persone. Per questo motivo finì sotto l’attenzione degli ‘ndranghetisti”. E così arrivano le prime richieste di denaro da parte degli uomini delle ‘ndrine. “Mi dicevano anche dove dovevo rifornirmi e chi mi doveva rifornire – spiega Masciari -. Non solo: mi chiedevano il 3% sugli appalti, ma anche i funzionari pubblici volevano la loro parte: il 6%”.

Dopo aver subito pressioni per anni, però, lui denuncia tutto. Facendo i nomi grossi: gli Arena di Isola Capo-Rizzuto (KR), i Trapasso – Scerbo di San Leonardo di Cutro e Cutro (KR), i Cossari di Borgia (CZ), i Sia di Soverato (CZ), i Procopio di Davoli (CZ), i Lentini di San Sostene (CZ), i Mazzaferro di Gioiosa Ionica (CZ), i Codispoti di S. Andrea Apostolo dello Ionio (CZ), i  Procopio di Satriano (CZ), i Vallelonga – Franzè di Caulonia-Mammola (RC), i Pisano di Mongiana (VV), i Vallelunga detti “Viperari” di Contrada Ninfo Serra San Bruno (VV), ecc. Le conseguenze non si fanno attendere: “Arrivavano in cantiere con le armi in pugno, sparavano sui nostri cantieri. Mi fecero diversi attentati. Una volta mi bruciarono una macchina sotto casa, le fiamme arrivarono all’abitazione, con il concreto rischio di bruciarci vivi. I magistrati della DDA di Catanzaro mi dissero chiaramente che il rischio di vita per me e la mia famiglia era grave e imminente e per questo l’unica possibilità di sopravvivenza era l’inserimento nel programma speciale di protezione. Lo Stato non aveva altri strumenti per proteggerci, mi dovevo fidare di loro”.

Il 17 ottobre 1997 a mezzanotte, tutto cambia all’improvviso: “Siamo dovuti partire con destinazione ignota, ci avevano promesso che saremmo tornati nella nostra terra, che si trattava di un allontanamento provvisorio, per sei mesi, forse un anno. E invece sono passati quasi trent’anni e io vivo da esiliato”.

Il primo tentativo di revoca del programma speciale di protezione

Dopo sette anni di vita nella località protetta, Masciari riceve una comunicazione che lo sconvolge. “Il 27 ottobre 2004 mi viene revocato il programma speciale di protezione. Lo stesso giorno alcuni membri delle grandi cosche calabresi del vibonese, in seguito alle mie denunce, erano stati condannati con pene importanti”. 

Inoltre, “solo tre mesi prima mi avevano negato il rientro in Calabria perché si temeva per la mia vita” spiega il testimone di giustizia. Eppure, secondo il Ministero dell’Interno, a partire dal marzo 2005 Masciari sarebbe dovuto uscire dal programma speciale di protezione testimoni. “Iniziai a temere per la mia vita e quella dei miei familiari. Mi ricordo lo sguardo che ho lanciato a mia moglie: ‘Qua dobbiamo fare qualcosa – le ho detto – oppure ci uccideranno senza che nessuno venga a saperlo’. Mi sono sentito solo”.

E invece una parte della società civile reagisce. Nasce un gruppo spontaneo di persone, “gli Amici di Pino Masciari”, e quando lui si ritrova tre sconosciuti ai piedi del letto in piena notte, i suoi Amici per più di un mese decidono di restare a dormire a casa sua come segnale di vicinanza e protezione. “Dai messaggi di Andrea Mantella del 2023 emerge una realtà inquietante – spiega -: ‘L’anno in cui volevano uccidermi, il 2004, è lo stesso in cui lo Stato aveva stabilito che io e la mia famiglia dovessimo uscire dal programma speciale di protezione, lasciandoci soli'”.

Intanto il “caso Masciari” viene anche discusso in Parlamento, e il testimone continua a chiedere alle istituzioni di essere protetto. Dopo cinque anni, nel gennaio 2009, il Tar del Lazio stabilisce il suo diritto alla sicurezza. Poiché la sentenza tardava ad essere applicata, a maggio dello stesso anno, dopo uno sciopero della fame, il Presidente della Repubblica pubblica la seguente nota: “In relazione all’appello rivolto al Presidente della Repubblica dal testimone di giustizia Giuseppe Masciari, si fa presente che (…) è stato opportunamente interpellato il Viminale (…) al fine di dare attuazione alla sentenza del Tar del Lazio anche per i profili relativi alla sua protezione e a quella dei famigliari.”

Nel 2009, dopo la fuoriuscita dal programma di protezione e l’inizio di quella che doveva essere un ritorno alla normalità, a Moncalieri, vengono arrestati due pesi massimi della ‘ndrangheta, molto vicini ad una delle cosche denunciate e fatte condannare, per questo a dicembre dello stesso anno l’imprenditore viene posto sotto scorta su tutto il territorio nazionale. Fino al 2015, quando riceve una prima comunicazione di revoca della scorta, seguita dopo qualche giorno dalla notifica della revoca del suddetto provvedimento, e poi nel 2022.

La nuova revoca della scorta e l’appello: “Chiedo protezione”

La mazzata arriva il 15 ottobre. L’ultima. Masciari riceve una nota con cui il Prefetto di Torino gli comunica “che il Ministero dell’Interno – Dipartimento pubblica sicurezza – UCIS, ha avviato il procedimento per la revoca della scorta”. Masciari è di nuovo solo. Riceve la solidarietà di tanti comuni dei quali è cittadino onorario, tra cui anche dal Comune di Torino e dalla Regione Piemonte.

Solo dopo tanti mesi viene informato dell’archiviazione del procedimento di revoca “senza che nessun documento ufficiale sia stato direttamente a me notificato”. 

Ad oggi, quindi, Masciari continua ad avere il servizio scorta, ma la forma di tutela che le istituzioni gli offrono, dice l’imprenditore, “non è sufficiente, perché gli agenti che mi proteggono non provengono dal nucleo di scorta e cambiano in continuazione. Io temo per me e per la mia famiglia. La ‘ndrangheta oggi è ancora più forte di prima, e ha reinvestito i soldi guadagnati dallo spaccio nell’economia legale”.

Ecco perché per chi, come lui, ha denunciato, ora chiede protezione: “Ho scritto un fascicolo di memorie su questi trent’anni di lotte – dice Masciari -. Se qualcosa dovesse succedermi, è tutto scritto qui”.

https://www.torinotoday.it/dossier/criminalita/pino-masciari-scorta-protezione-ndrangheta.html

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