Così Pino Masciari commenta la notizia dell\’infiltrazione della \’ndrangeta in due dogane: \”Che profondo senso di delusione! La dogana, il luogo in cui la legalità e la trasparenza dovrebbero regnare incontrastate, l\’argine contro le frodi e il malaffare…Ebbene, anche questi luoghi sono stati profanati dall\’infiltrazione della \’ndrangheta. Questo episodio la dice lunga sull\’enorme pervasività di questa organizzazione. Sono dappertutto. Un plauso agli inquirenti che con questa operazione hanno smascherato questa ennesima attività \’ndranghetista: questa guerra deve vincerla lo Stato!\”
Di seguito, la notizia (Fonte: Gazzettasud.it)
Lamezia Terme – Le \”dogane\” della \’ndrangheta erano fermate obbligatorie dove pagare il pizzo in cambio di viaggi sicuri fra l\’Italia e l\’Ucraina. Due \”check point\” in salsa criminale a Lamezia (piazza d\’Armi) e Catanzaro (piazzale ex Motel Agip) gestiti da un\’organizzazione mista italo-ucraina, capace di mettere in piedi un giro di decine di migliaia di euro, avvalendosi di armi, brutali picchiatori e soprattutto del benestare delle famiglie più influenti.
Sono 6 le persone finite in manette nell\’ambito dell\’operazione \”On The Road\”, messa a segno ieri dalla Squadra mobile dell Questura. Agli indagati (quattro sono tuttora ricercati, altri due restano a piede libero) è stata notificata un\’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Catanzaro, Abigail Mellace, che ha accolto la richiesta del pm Simona Rossi.
I particolari dell\’operazione sono stati resi noti ieri, nel corso di una conferenza stampa alla presenza del procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, del questore Vincenzo Roca, del capo della Mobile Rodolfo Ruperti e del vice Angelo Paduano.
Secondo gli inquirenti è stata sgominata un\’associazione per delinquere di stampo mafioso capace di mettere insieme gli interessi criminali di una banda di ucraini e quelli della \’ndrangheta lametina. Il tutto per portare a termine reati, contestati a vario titolo, come estorsioni, sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell\’immigrazione clandestina e detenzione illegale di stupefacenti, mentre da parte degli investigatori è stata evidenziata anche una pista che porterebbe al traffico di armi dall\’Ucraina.
Una banda ben organizzata, quella individuata nel corso delle indagini, che prima di tutto avrebbe imposto il pizzo agli autisti dei pullman che fanno la spola con la nazione dell\’Est Europa. Ognuno di loro, infatti, sarebbe stato fermato in due posti fissi, a Lamezia Terme ed a Catanzaro, e qui avrebbe dovuto pagare una tangente variabile tra 100 e 200 euro. L\’attività delinquenziale interessava circa 12 passaggi mensili dei bus e si protraeva da 6 anni.
Gli inquirenti hanno evidenziato le azioni cruente che gli autisti avrebbero dovuto subire in caso di rifiuto del pagamento della tangente: molti di loro, soprattutto a Catanzaro, sarebbero stati picchiati selvaggiamente. Un meccanismo, secondo gli inquirenti, organizzato e diretto da Matteo Vescio, 29 anni, di Lamezia Terme, considerato vicino alla cosca Iannazzo, mentre Vasyl Koval, 28enne ucraino residente a Maida (Catanzaro), tuttora ricercato e considerato elemento molto pericoloso, si sarebbe occupato della gestione pratica degli affari. In manette sono finiti anche Nataliia Gordiichuk, 34 anni, ucraina residente a Lamezia; Nadiya Tymofiy, 49 anni, ucraina domiciliata a Lamezia; Larysa Furkulitsa, 38 anni, ucraina domiciliata a Lamezia e Cosimino Berlingieri (detto Cocò), 32 anni, di Lamezia, che deve rispondere solo di alcuni episodi di droga. Ai domiciliari Ugo Bernardo Rocca, 26 anni, di Lamezia.
Quattro le persone ricercate: oltre al già citato Vasyl Koval, sono Fedir Andriiesh (detto Igor), 32 anni, ucraino domiciliato a Lamezia; Oleg Deulia, 26, ucraino residente a Lamezia; Ivan Furkulitsa, 37, ucraino domiciliato a Lamezia. Risultano, invece, indagati a piede libero la madre di Vescio, Giovanna Rocca, 70 anni, e Francesco Costantino Mascaro, 37 anni, di Lamezia.
La banda usava sim intestate ai morti
Non solo estorsioni. Il gruppo calabro-ucraino sarebbe stato in grado anche di fare giungere in Italia importanti stock di armi e \”carichi\” di tabacchi o cittadini stranieri con documenti rumeni, trasformando gli extracomunitari in membri dell\’Unione Europea. «Non abbiamo individuato il modo e il luogo in cui i documenti venivano preparati – ha spiegato il procuratore aggiunto Borrelli – ma sappiamo che il fenomeno era consistente. Anche rispetto alle armi, il traffico risulta da intercettazioni, ma non sono stati effettuati sequestri».
Ancora, nell\’ordinanza di custodia cautelare viene ricostruita la storia di una donna ucraina costretta a prostituirsi, a dimostrazione della capacità del presunto sodalizio di diversificare i propri affari. Sarebbero stati Vescio e Koval gli elementi di congiunzione tra la malavita straniera e la \’ndrangheta, capaci di dare vita ad un vero e proprio monopolio nella gestione delle estorsioni grazie a quello che il gip, nell\’ordinanza di custodia cautelare, definisce senza mezzi termini «il placet dei vertici delle consorterie criminali di stampo \’ndranghetistico che operano sul territorio».
Nelle intercettazioni, Vescio – ma su quest\’elemento sono ancora in corso accertamenti – confida ad un\’altra indagata di poter contare anche sulla \”collaborazione\” di un\’amica poliziotta che sarebbe in servizio a Lamezia. E certamente, grazie all\’aiuto di Rocca – titolare di un\’agenzia di pompe funebri – il gruppo è riuscito a dotarsi di cinque schede sim intestate a persone morte, ritenendo così di aver trovato canali di comunicazione \”sicuri\”.
È proprio l\’intreccio italo-ucraino l\’aspetto più importante dell\’indagine. Non a caso il procuratore Lombardo ha sottolineato come la richiesta del pm Rossi e il provvedimento del gip Mellace «hanno riconosciuto che gli ucraini e gli italiani hanno creato una simbiosi perfetta». «Siamo davanti – ha aggiunto Borrelli – ad una delle prime ordinanze di custodia cautelare che in Italia si occupa di associazione mafiosa straniera dopo la modifica dell\’articolo 416 bis del Codice penale. In questo caso, l\’ulteriore novità è che il reato di associazione mafiosa è contestato a cittadini italiani e stranieri che operavano per gli stessi interessi».
L\’operazione è partita da una segnalazione anonima che ha permesso di avviare indagini che si sono avvalse di videoriprese e intercettazioni, nel corso delle quali sono emersi i ruoli ricoperti da ognuno. Come nel caso della fidanzata ucraina di Vescio, la quale traduceva le minacce e le richieste estorsive ai suoi concittadini.