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Fonte: La Repubblica – Il Tribunale amministrativo di Parma ha definitivamente respinto il ricorso delle due aziende edili del parmense colpite lo scorso aprile e lo scorso settembre da un\’interdittiva antimafia della Prefettura di Parma, che le esclude da appalti pubblici e in particolare dai lavori nella tangenziale di Novellara, per la quale erano imprese subappaltanti della Bacchi Spa.

La Tre Emme Costruzioni di Roccabianca e il Consorzio edile M2 di Soragna sono considerate vicine a famiglie della \’ndrangheta, in particolare ai Mattace di Cutro riconducibile al clan Grande Aracri. In cantiere sarebbe stato presente anche un parente dei Mattace detenuto per usura e ritenuto organico al clan. Le due imprese hanno impugnato i provvedimenti prefettizi davanti al Tar, ma ieri il loro ricorso è stato respinto.

Questa la motivazione dei giudici: \”A fronte delle 3 pagine di cui si compone l\’informativa del 5 aprile 2011, la Prefettura ha prodotto, in data 28 settembre 2011, un documento di 42 pagine, oltre allegati, in cui descrive e ricostruisce minuziosamente gli innumerevoli elementi da cui scaturisce il giudizio di permeabilità mafiosa delle due imprese. (…) Si tratta di un quadro indiziario articolato e complesso, fatto di rapporti familiari che si intrecciano con rapporti societari e di affari, in cui sono coinvolti noti malavitosi con precedenti di polizia di ogni genere (segnatamente, di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, riciclaggio ecc.), esposto con compiutezza e specificità di riferimenti e di collegamenti.

In proposito deve rilevarsi come l\’impianto difensivo delle ricorrenti sia costruito, viceversa, proprio nel senso della minuziosa e capillare confutazione di ogni singola circostanza contenuta nell\’atto prefettizio senza che, tuttavia, sia stata spesa alcuna argomentazione idonea a smentire nel complesso il grave quadro indiziario risultante dall\’informativa da cui emerge come tanto la Tre Emme Costruzioni S. r. l. quanto il Consorzio M2, entrambi riconducibili, in termini proprietari e decisionali, alla famiglia Mattace oriunda del crotonese, si siano radicati negli anni sul territorio emiliano, inserendosi nel settore degli appalti pubblici e intrattenendo rapporti commerciali e di affari con imprese gestite prevalentemente da calabresi e siciliani colpiti da precedenti penali e contigui, se non diretti esponenti, della malavita organizzata. (…) Un quadro così univocamente riconducibile ad ambienti malavitosi del crotonese, pur se insindacabile nell\’ambito di rapporti privati (…) assume, tuttavia, una valenza indiziaria significativa del pericolo di infiltrazione mafiosa laddove i medesimi rapporti si espandano all\’interno del delicato settore degli appalti pubblici\”

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