Presunti killer della ’ndrangheta si nascondevano a Chiavari già nel 2000 . Lo testimoniano le carte del tribunale di Genova – sezione terza – collegio per le misure di prevenzione datate 2 maggio 2005, sebbene parte del contenuto non sia mai stato dimostrato in sede giudiziaria.
Scrivono i carabinieri del raggruppamento operativo speciale di Genova: «La cosca dei Tratraculo, ramificatasi in Liguria nella provincia di Genova (leggasi il Tigullio, ndr) agli inizi degli anni Novanta è impegnata in una sanguinosa faida con la contrapposta cosca Bubbo. L’esistenza della faida emerge con chiarezza tra il 1992 e il 2004 per i numerosi fatti di sangue, che coinvolgono appartenenti alle due cosche rivali». Si tratta di una quindicina tra agguati, omicidi casi di “lupara bianca”, tra i quali spicca l’assassinio di Alberto Carpino avvenuto a Petronà (provincia di Catanzaro) il 4 febbraio del 2000.
«Dopo l’omicidio di Alberto, gli affiliati al clan si trasferiscono dalla Calabria a Chiavari e pongono in essere attività prodromiche finalizzate a porre in essere un’immediata ritorsione nei confronti della cosca rivale. Le indagini portano il 2 marzo 2000 al sequestro a Chiavari di un borsone contenente un fucile semiautomatico calibro 12 e all’arresto in flagranza di tre persone». Successivamente gli affiliati tornano a predisporre il necessario per la realizzazione di due omicidi, a Lecco e a Petronà.
Verso la fine del 2000 le indagini permettono di ritenere imminente la realizzazione dell’agguato (nonostante la pace forzata imposta dal clan Arena, egemone all’epoca, ndr). Il gruppo decide di passare all’azione attraverso l’intervento di Vincenzo Laudari che giunge a Chiavari assieme allo zio Vincenzo Colosimo nei primi giorni del gennaio 2001 e alloggia all’albergo “Il Tesoro” (un affiliato si era premurato di evitare che l’hotel registrasse la loro presenza).
In data 11 gennaio 2001 Colosimo e Laudari sono arrestati a Lavagna perché trovati in possesso di un fucile mitragliatore kalashnikov e munizioni». Le sentenze per la detenzione dell’arma e dei proiettili sono oggi tutte passate in giudicato e le persone citate hanno scontato le pene. Inoltre il progetto omicida, ripetiamo, non è mai stato dimostrato in un’aula di giustizia. Eppure le carte sono chiare: era il 2000 e presunti killer di ‘’ndrangheta già soggiornavano nel Tigullio e trovavano appoggi e connivenze.
tratto da Il Secolo XIX