Fonte: Il Fatto Quotidiano – Come si fa carriera nel Pdl lombardo? Il governatore Roberto Formigoni ha affermato che l’ordine d’arresto per l’ex assessore Massimo Ponzoni è un “caso personale, non politico”, la Lega nord gli è andata subito dietro con il vicepresidente della Regione Andrea Gibelli. Poi è arrivata la benedizione del segretario nazionale del Pdl Angelino Alfano: “Le accuse rivolte a Massimo Ponzoni non intaccano in alcun modo l’operato del presidente della Regione Lombardia, né il sistema Lombardia”. Invece mai come questa volta il caso è strettamente politico, perché l’esistenza di una “cricca brianzola” coordinata da Ponzoni – protagonista della politica dal 1995, quando giovanissimo fu eletto consigliere comunale per Forza Italia con un record di preferenze – era nota a tutti.
I nomi, gli affari sospetti, le connessioni pericolose con la ‘ndrangheta venivano denunciati pubblicamente da anni dall’opposizione di centrosinistra a Desio, cittadina in provincia di Monza epicentro del potere del numero del Pdl in Brianza, e riportate dai giornali. Non solo quest’ultima per corruzione, bancarotta e altri reati, ma anche nell’operazione Infinito del 13 luglio 2010 – un anno e mezzo fa – contro la ‘ndrangheta in Lombardia. Dove Ponzoni veniva definito “capitale sociale” dell’organizzazione criminale e Desio il trapianto “meglio riuscito” della criminalità calabrese al Nord, arrivata fino ai “gangli” dell’amministrazione locale. Possibile che solo Formigoni e i vertici del partito berlusconiano siano rimasti all’oscuro per tutti questi anni?
LE PRIME DENUNCE DEL 2004. E’ almeno dal 2004 che il malaffare desiano viene denunciato, in particolare da Lucrezia Ricchiuti (Pd) e Daniele Cassanmagnago (Sel), poi entrati nella giunta di centrosinistra che ha vinto le elezioni nel 2011 dopo il crollo della maggioranza Pdl-Lega seguito all’indagine Infinito. E da Giuseppe Civati, il leader “rottamatore” del Pd che ha più volte sollevato il caso in consiglio regionale, di fronte a un silente Formigoni, arrivando a chiedere lo scioglimento del regno di Ponzoni per infiltrazioni mafiose.
E su che cosa si discuteva a Desio in quel lontano 2004? “Della variante industriale che in modo insensato rendeva edificabili numerosi terreni agricoli sparsi a macchia di leopardo nella città, nonostante esistessero già due aree industriali dove poter costruire”, ricorda Lucrezia Ricchiuti. Favori urbanistici di questo tipo sono uno dei pilastri dell’accusa di corruzione che ha portato in carcere Ponzoni, ma non è tutto. “Su una di queste aree, quella di via Mascagni, avevano interessi società protagoniste dell’inchiesta di questi giorni”. Come l’immobiliare Mais, riconducibile a Ponzoni e portata al fallimento, secondo l’accusa, dalle continue “distrazioni” di denaro operate dall’ex assessore. E’ la Mais che, secondo il commercialista di Ponzoni Sergio Pennati, pagava “noleggi di barche e vacanze esotiche” a Formigoni (che smentisce decisamente).
Ma è solo un esempio. Giovane, rampante, amante della bella vita – e della cocaina, annotano gli investigatori – sposato con Maria Luisa Cocozza – di una famiglia di grossi costruttori di Desio – in questi anni Massimo Ponzoni ha inanellato una serie di disavventure che avrebbero dovuto stroncare qualunque ambizione politica. A cominciare da una villa di famiglia abusiva (Desio è considerata la capitale dell’abusivismo edilizio al Nord), abbattuta dalle autorità nel 2009, una faccenda imbarazzante per l’allora assessore regionale “alla qualità dell’ambiente”.
In quello stesso anno emerge la vicenda della Pellicano, iperattiva negli affari immobiliari di Desio, la cui bancarotta è oggi uno dei capo d’accusa che ha portato in carcere Ponzoni e Pennati. Qualche campanello d’allarme avrebbe potuto tinitinnare anche alle orecchie del “celeste” presidente lombardo, dato che della Pellicano erano soci un altro assessore regionale, Massimo Buscemi, un consigliere regionale ed ex assessore, Giorgio Pozzi, un assessore provinciale di Pavia, Rosanna Gariboldi, poi condannata per riciclaggio e moglie del deputato Giancarlo Abelli. Tutti big, dal primo all’ultimo, del Pdl in Lombardia. La Pellicano è stata dichiarata fallita dal tribunale di Monza il 12 gennaio 2010. Ma già nel 2009 Pozzi e Buscemi ne erano usciti sbattendo la porta, arrivando a far pignorare lo sipendio di consigliere regionale a Ponzoni, in veste di parte lesa del crac. Intanto, in quello stesso anno, a Desio e Cesano Maderno la campagna elettorale per le provinciali di Monza e Brianza è segnata da intimidazioni a candidati del Pdl locale, solcato da rivalità interne, con proiettili appiccicati ai “santini”, bombe carta, sparatorie. Nessuno sembra preoccuparsene, a parte i destinatari.
SPESE ELETTORALI FOLLI PER IL PDL BRIANZOLO. Tutto questo è già accaduto quando il Pdl compila le liste per le regionali lombarde del 2010 che daranno il quarto mandato da governatore a Formigoni. Ponzoni non solo è candidato – e raccoglie trionfalmente oltre 11 mila preferenze – ma è anche il plenipotenziario di Formigoni nell’importatissimo bacino di voti della bianca Brianza. Poco importa, ancora, che da tempo gli avversari politici lamentino le spese “sproporzionate” di Ponzoni nella campagne elettorali. E’ un altro elemento che finirà nelle carte dell’inchiesta di questi giorni. Il commericalista Pennati, nella sua inquietante lettera testamento dove appare terrorizzato dalle “minacce” ricevute dal socio-cliente, le quantifica in un milione 600 mila euro per le Provinciali del 2009 con esborsi nell’ultimo mese di “15-20 mila euro giornalieri” per pagare cene elettorali “in 3-4 ritoranti per sera”.
Ponzoni, all’epoca assessore regionale, non era neppure candidato. Però era il coordinatore del Pdl in Monza-Brianza. Questo significa che tanto munifico attivismo era a favore del suo partito. Secondo i pm monzesi, quei soldi provenivano dalle società mandate in malora (compresa la Pellicano) e dalle mazzette ottenute in cambio di favori urbanistici e simili, come nel caso dell’imprenditore bergamasco Filippo Duzioni, anche lui arrestato con l’accusa – tra le altre – di aver versato al politco contributi occulti per 295 mila euro. Tant’è che Duzioni e Ponzoni sono accusati di finanziamento illecito ai partiti, reato difficile da derubricare come “caso personale”. Passano solo due mesi dal trionfale ritorno di Ponzoni in consiglio regionale quando si viene a sapere che lui e Duzioni sono indagati a Monza per queste vicende.
E’ solo a questo punto che l’enfant prodige del Pdl lombardo – era entrato in consiglio comunale a Desio nel 1995 a soli 24 anni, e cinque anni prendeva il direttissimo per il Pirellone con quasi 20 mila preferenze – subisce il primo arresto di carriera. Il suo nome comincia a diventare ingombarnte: nessun assessorato nella nuova giunta Formigoni. Ma la rinuncia è compensata da un posto di segretario dell’Ufficio di presidenza, un ristretto nucleo di cinque consiglieri che sovraintende al funzionamente del consiglio regionale. Carica dalla quale Ponzoni si è dimesso dopo l’arresto (mentre è ancora consigliere).
PROVINCIA DI MONZA, TRE INQUISITI IN DUE ANNI. La storia della Provincia di Monza-Brianza è altrettanto edificante. Fortissimamente voluta dalla Lega, istituita nel 2004, ha avuto la sua prima giunta con le elezioni del 2009, quelle delle spese folli di Ponzoni. Poco più di due anni dopo, sono finiti in grossi guai giudiziari ben tre assessori di quella giunta, targata Pdl-Lega.Rosario Perri, lo storico capo dell’Ufficio tecnico del Comune di Desio, uomo ombra di Ponzoni finito agli arresti domicliari nell’ultima inchiesta monzese, ma che già si era dovuto dimettere nell’estate 2010 perché il suo nome risuonava spesso nelle carte dell’inchiesta antimafia “Infinito”.Antonino Brambilla, investito della vicepresidenza nonostante due passate condanne definitive per corruzione in materia urbanistica, anche lui finito in carcere con Ponzoni, accusato di aver fatto parte della sua “cricca”. Casi personali, anche questi, che non hanno a che fare con discutibili meccanismi di carriera nel Pdl lombardo? Il terzo assessore costretto alle dimissioni anticipatissime è il leghista Luca Talice, sul quale pende una richiesta di rinvio a giudizio per violenza sessuale e atti osceni in luogo pubblico, dopo la denuncia di due militanti e consiglieri comunali del suo stesso partito.
La parabola di Ponzoni e dei suoi uomini è sempre stata gravata dal sospetto di contatti con la ‘ndrangheta radicata a Desio da decenni. Sospetti che sono stati poi documentati dall’inchiesta Infinito e non solo: “La grande influenza di cui godeva Perri era da collegare, altresì, ai suoi rapporti con la cosca di ‘ndrangheta locale a Desio”, scrivono i magistrati mozesi. Rapporti che non erano tanto misteriosi. “Con un cazzo di consiglio comunale così cosa governi, la ‘ndrangheta?”, sono le “congratulazioni” espresse al sindaco appena eletto, Gampiero Mariani, da Angela Familari, direttrice della Compagnia delle opere a Monza, e finite in un’intercettazione.
E PONZONI DISSE: “QUESTA VOLTA NON HO I VOTI DEI CLAN”. Lo stesso Ponzoni, in un’altra conversazione intercettata, appare perfettamente consapevole dell’ambiente che lo vota e lo sostiene: “Mi son tolto la soddisfazione di arrivare primo”, afferma in una telefonata dopo la vittoria alle regionali del 2010, “e mi son tolto i voti di certi personaggi affiliati a certi clan eccetera”. Su un conto corrente intestato alla nonna dell’ex assessore, ma secondo gli investigatori utilizzato da lui, è finito un assegno emesso da Pasquale Nocera, braccio destro diSalvatore Strangio, appena condannato a 12 anni di carcere a Milano per aver guidato la scalata delle cosche aspromontane a un’importante azienda brianzola del movimento terra, la Perego strade. Senza dimenticare Pietro Gino Pezzano, altro pilastro dell’entourage di Ponzoni a Desio. Direttore della Asl Monza Brianza, è stato filmato e fotografato in compagnia di boss locali dai carabinieri che hanno condotto l’inchiesta Infinito. Questo non ha impedito alla giunta Formigoni di promuoverlo successivamente, il 23 dicembre 2010, alla direzione della Asl Milano 1, tra le più importanti d’Italia. E sarebbe ancora lì se non fossero insorti una ventina di sindaci del comprensorio e le opposizioni in consiglio regionale, costringendolo alle dimissioni nell’aprile del 2011.