Anche la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza assolutoria nei confronti di Santo Vottari, ritenuto dagli inquirenti il responsabile dell’omicidio di Maria Strangio, avvenuto nel giorno di Natale del 2006. La decisione è stata presa nell’ambito del processo di secondo grado denominato “Fehida” che vedeva alla sbarra una quarantina di imputati che avevano scelto di essere giudicati con la formula del rito abbreviato: tutti presunti affiliati alle cosche di San Luca.
La Corte (Fortunato Amodeo presidente, Marialuisa Crucitti a latere) ha deciso dopo una camera di consiglio protrattasi per due giorni: condannato (a otto anni di reclusione) Roberto Aguì, che in primo grado era stato assolto, mentre Giuseppe Pipicella passa da una condanna a due anni e quattro mesi a quella di otto anni di carcere. Sulla loro posizione hanno pesato moltissimo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Marino, escusso in aula per diverse udienze: secondo quanto affermato da Marino, in un periodo in cui il “locale” di ‘ndrangheta è in subbuglio, come quello di San Luca, non possono essere svolti riti di affiliazione, ma la situazione può essere facilmente aggirata, dato che la prigione sarebbe considerata un “locale” a sé stante. Marino aveva indicato alcuni soggetti che avrebbero ricevuto il “battesimo” di ‘ndrangheta: tra questi appunto Roberto Aguì e Giuseppe Pipicella.
La Corte ha poi rideterminato la pena nei confronti di Gianfranco Antonioli (considerato l’armiere delle cosche) che passa da cinque a quattro anni di reclusione. Assolte da ogni accusa tre donne, Caterina Giorgi (condannata in primo grado a un anno e sei mesi, pena sospesa), Teresa Giorgi (condannata in primo grado a un anno e quattro mesi, pena sospesa) e Barbara Rocca (condannata in primo grado a due anni e quattro mesi, pena sospesa).
Per quanto riguarda il resto degli imputati, la Corte ha, di fatto, confermato la sentenza emessa il 19 marzo 2009 dal Gup di Reggio Calabria, Francesco Petrone che aveva inflitto la massima condanna (tredici anni di reclusione) ad Antonio Pelle, detto “la mamma” e ritenuto il capo della cosca Pelle-Vottari. La posizione di Pelle, però, è stata stralciata nel corso del processo d’appello a causa delle condizioni di salute del presunto boss, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. La Corte ha dunque confermato la sentenza di primo grado condannando Achille Marmo (otto anni), Giulia Alvaro (un anno, cinque mesi e dieci giorni, pena sospesa); Emanuele Biviera (otto anni); Giuseppe Biviera (otto anni); Vincenzo Biviera (otto anni); Michele Carabetta (otto anni); Mario Di Bonito (cinque anni); Giovanni Strangio, classe 1966 (otto anni); Giuseppe Giosafatte Elia (cinque anni); Antonio Giorgi (otto anni); Vincenzo Giorgi (quattro anni); Domenico Mammoliti (otto anni); Giovanni Marrapodi (un anno e sei mesi, pena sospesa); Francesco Napoli (cinque anni); Paolo Nirta (otto anni); Sebastiano Nirta (due anni); Antonia Pelle (un anno e quattro mesi, pena sospesa); Domenico Pelle (otto anni); Maria Pelle (un anno e quattro mesi); Giuseppe Pugliesi (otto anni); Raffaele Stranieri (otto anni); Antonio Vottari (otto anni); Teresa Vottari, classe 1947 (quattro anni).
Molti degli imputati sono stati condannati anche al pagamento di maggiori spese, mentre per alcuni è stata disposta la restituzione dei beni sequestrati (autovetture, soprattutto). Ad esclusione di Aguì, viene confermata la sentenza anche per tutti i soggetti che erano già stati assolti in primo grado: Francesco Barbaro, Domenico Pizzata, Francesco Strangio, Antonella Vottari, Teresa Vottari, classe 1970, nonché Domenico Nirta e Antonio Romano. Viene, dunque, confermata l’assoluzione nei confronti di Santo Vottari, l’uomo accusato di aver ucciso Maria Strangio. Per Vottari il sostituto procuratore generale Adriana Fimiani e il pm applicato al processo, Federico Perrone Capano, avevano richiesto la condanna all’ergastolo. Vottari era infatti ritenuto il responsabile dell’ennesimo atto della sanguinosissima faida di San Luca, iniziata, per futili motivi, nel 1991, e culminata, nel Ferragosto 2007, nella strage di Duisburg, in cui furono uccisi quattro italiani all’uscita della pizzeria “Da Bruno”. In questi giorni, peraltro, la Corte d’Assise di Locri è in camera di consiglio per decidere sulla sorte dei presunti artefici della mattanza tedesca.
articolo di Claudio Cordova (Strill.it)